La parabola del Ministero Brancher


Brancher, l’esponente Pdl è da sempre considerato l’ufficiale di collegamento tra Berlusconi e la Lega.

17 giugno: A sorpresa in serata viene battuta la notizia dell’imminente giuramento a ministro dell’allora sottosegretario alle Riforme Aldo Brancher. All’inizio per ricoprire il ruolo di responsabile dello Sviluppo economico reso vacante da Scajola.
18 giugno: Il presidente del Consiglio annuncia, durante la riunione dell’esecutivo, l’intenzione di nominare Aldo Brancher ministro. La dicitura almeno in un primo momento è ‘al Federalismo’. Brancher giura al Quirinale. Con lui, oltre al premier, ci sono anche i ministri Calderoli e Tremonti. L’opposizione già contesta la nomina, sottolineando la possibilità per il neo ministro di ricorrere al legittimo impedimento nel processo Antonveneta in cui è imputato.
20 giugno. La Lega si riunisce a Pontida. Nella base c’è malumore per la nomina di un ministro ad hoc su una materia-bandiera del Carroccio. Interviene Umberto Bossi: “Il ministro del Federalismo sono io”. La competenza di Brancher da quel momento diviene ‘al Decentramento’.
21 giugno: Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, cena ad Arcore con lo stesso Brancher, Umberto Bossi e Roberto Calderoli.
24 giugno: A una settimana dalla nomina a ministro, Aldo Brancher invoca il legittimo impedimento durante il processo Antonveneta. “Deve organizzare il ministero” è la motivazione addotta dai suoi legali. Le opposizioni insorgono, anche i ‘finiani’ prendono le distanze.
25 giugno: Il Quirinale emette una nota per spiegare che per Brancher non sussistono ragioni per invocare il legittimo impedimento giacché è stato messo a capo di un ministero senza portafoglio. Le opposizioni ne chiedono le dimissioni. Ma anche nel Pdl non sono più soltanto i fianini a sostenere che è stato commesso un errore. Anche Umberto Bossi sostiene che l’aver chiesto il legittimo impedimento sia stato “poco furbo”.
26 giugno: In un’intervista Brancher respinge al mittente la richiesta di dimissioni e rilancia: “Qui c’è qualcuno che sta manovrando il Quirinale contro di me”. Ma da più parti si comincia a chiedere che il neo ministro rinunci almeno al legittimo impedimento. Decisione che in serata viene annunciata dal suo legale.
27 giugno: Cresce il ‘giallo’ delle deleghe del neo ministro, mai pubblicate in Gazzetta ufficiale. Ma soprattutto Brancher sostiene in un’intervista al Tg3 che tanto accanimento mediatico nei suoi confronti avrebbe a che fare con l’eliminazione degli azzurri dai mondiali. “L’Italia perde – dichiara – e la gente se la prende con me”. E scoppia una nuova bufera.
28 Giugno. Aldo Brancher torna ancora una volta a dire di non aver alcuna intenzione di dimettersi e spiega che si sta preparando per l’udienza del 5 luglio. Roberto Calderoli, in un’intervista al Corriere della Sera, ammette che della nomina a ministro “Bossi sapeva tutto”.
30 giugno: La capigruppo della Camera calendarizza per l’8 luglio la mozione di sfiducia nei confronti di Brancher presentata da Idv e Pd. Il ministro Elio Vito, durante il question time, spiega che è stato promosso per “coaudiuvare altri ministri”.
2 luglio: Brancher incontra Berlusconi a palazzo Grazioli. L’ipotesi che si dimetta da ministro comincia a farsi più insistente. 4 luglio: Nuovo incontro Berlusconi-Brancher ad Arcore: è lì che matura la decisione delle dimissioni.
5 luglio: Brancher si presenta in tribunale per il processo Antonveneta, annuncia le dimissioni e che ricorrerà al rito abbreviato. Silvio Berlusconi, in una nota, spiega di condividere la decisione e precisa: Ha voluto “evitare il trascinarsi di polemiche ingiuste e strumentali”. (apcom)

Carmelo Sorbera

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