Thailandia “stallo” nei disordini

Le camicie rosse che manifestano in Thailandia erano disposte a partecipare ai colloqui di monitoraggio delle Nazioni Unite con il governo.
Inizialmente l’offerta era stata definita come “un segno positivo” da fonti governative che avevano chiesto maggiori dettagli, ma il governo ha rapidamente respinto qualsiasi mediazione da parte delle Nazioni Unite ed ha detto che se i manifestanti partecipano sul serio ai negoziati devono interrompere l’uso delle armi e non fissare precondizioni come il ritiro delle truppe. Le posizioni sembrano sempre più inconciliabili, ed alla richiesta di elezioni anticipate si ha un irrigidimento delle posizioni governative con un inasprimento delle azioni militari.
Lo stallo della situazione a Bangkok ha le sue radici in un conflitto iniziato nel 2006, quando il miliardario ed ex primo ministro Thaksin Shinawatra con un colpo di stato fu rovesciato, Thaksin, che ora è in esilio e che sta aiutando a finanziare le camicie rosse, con le sue politiche populiste è riuscito a compattare la protesta delle Camicie Rosse risvegliando la maggioranza rurale con l’idea che essi possono e devono controllare il destino politico del paese.
L’attuale leadership Thai è considerata dalle camicie rosse illegittima, al potere dal 2006 con il colpo di stato ed il tacito appoggio del re Bhumibol Adulyadej che ha inasprito il sentimento di molti abitanti delle zone rurali per la monarchia. In un Paese che ha avuto 18 colpi di stato dal 1932 il re era riuscito a svolgere un ruolo di stabilizzazione e di fiducia, ma adesso vecchio e malato la sua immagine ha perso d’autorevolezza e diversi analisti politici considerano il declino della monarchia la fine di un equilibrio che potrebbe mutarsi in una guerra civile.

Vittoria Pirro

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