L’opportunità alla legalità

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano ha risposto, fatto poco usuale, sul sito ufficiale del Quirinale alle tantissime richieste che chiedevano di non firmare il decreto legge interpretativo proposto dal governo.
Con tutto il rispetto istituzionale che si può avere per il Presidente della Repubblica non è possibile subire passivamente le sue parole che se formalmente rappresentano l’evoluzione e l’inevitabile soluzione della vicenda delle liste elettorali alle regionali per il Lazio e la Lombardia non dileguano il dubbio di fondo dell’intera vicenda che è prettamente sostanziale.
Come scrive il Presidente non era sostenibile che non potesse partecipare un candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, per gli errori nella presentazione della lista contestati dall’ufficio competente ed è evidente che la soluzione della vicenda doveva essere politica per poi risolversi in una soluzione normativa, dato che le norme se non “interpretate” non avrebbero consentito lo svolgimento delle elezioni “correttamente”.
Per chi scrive la sostanza dell’intera vicenda è nella decisione unilaterale del Governo per “questa” soluzione, senza nessun pubblico tentativo di accordo con le opposizioni.
L’avallo istituzionale della firma del decreto è piena partecipazione alla decisione unilaterale della soluzione, mentre si chiedeva una soluzione politica con la piena presa di responsabilità del Governo e la condivisione quanto più ampia delle forze politiche.
Il Presidente Napolitano non può dimenticare che l’attuale Parlamento, a seguito della legge elettorale con lo sbarramento al 4% ha un’assenza di rappresentanza di circa 2 milioni di elettori che avevano scelto dei propri rappresentanti tra i piccoli partiti di destra e di sinistra, quindi se le norme vengono modificate unilateralmente dalla minoranza vincente non si può pensare che il Paese rimanga soddisfatto.La lettera del Presidente Napolitano:
«Egregio signor Magni, gentile signora Varenna,
ho letto con attenzione le vostre lettere e desidero, vostro tramite, rispondere con sincera considerazione per tutte le opinioni dei tanti cittadini che in queste ore mi hanno scritto.
Il problema da risolvere era, da qualche giorno, quello di garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici. Non era sostenibile che potessero non parteciparvi nella più grande regione italiana il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, per gli errori nella presentazione della lista contestati dall’ufficio competente costituito presso la corte d’appello di Milano. Erano in gioco due interessi o “beni” entrambi meritevoli di tutela: il rispetto delle norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi. Non si può negare che si tratti di “beni” egualmente preziosi nel nostro Stato di diritto e democratico.
Si era nei giorni scorsi espressa preoccupazione anche da parte dei maggiori esponenti dell’opposizione, che avevano dichiarato di non voler vincere – neppure in Lombardia – “per abbandono dell’avversario” o “a tavolino”. E si era anche da più parti parlato della necessità di una “soluzione politica”: senza peraltro chiarire in che senso ciò andasse inteso. Una soluzione che fosse cioè “frutto di un accordo”, concordata tra maggioranza e opposizioni?
Ora sarebbe stato certamente opportuno ricercare un tale accordo, andandosi al di là delle polemiche su errori e responsabilità dei presentatori delle liste non ammesse e sui fondamenti delle decisioni prese dagli uffici elettorali pronunciatisi in materia. In realtà, sappiamo quanto risultino difficili accordi tra governo, maggioranza e opposizioni anche in casi particolarmente delicati come questo e ancor più in clima elettorale: difficili per tendenze all’autosufficienza e scelte unilaterali da una parte, e per diffidenze di fondo e indisponibilità dall’altra parte.
Ma in ogni caso – questo è il punto che mi preme sottolineare – la “soluzione politica”, ovvero l’intesa tra gli schieramenti politici, avrebbe pur sempre dovuto tradursi in soluzione normativa, in un provvedimento legislativo che intervenisse tempestivamente per consentire lo svolgimento delle elezioni regionali con la piena partecipazione dei principali contendenti. E i tempi si erano a tal punto ristretti – dopo i già intervenuti pronunciamenti delle Corti di appello di Roma e Milano – che quel provvedimento non poteva che essere un decreto legge.
Diversamente dalla bozza di decreto prospettatami dal Governo in un teso incontro giovedì sera, il testo successivamente elaborato dal Ministero dell’interno e dalla Presidenza del consiglio dei ministri non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità. Né si è indicata da nessuna parte politica quale altra soluzione – comunque inevitabilmente legislativa – potesse essere ancora più esente da vizi e dubbi di quella natura.
La vicenda è stata molto spinosa, fonte di gravi contrasti e divisioni, e ha messo in evidenza l’acuirsi non solo di tensioni politiche, ma di serie tensioni istituzionali. E’ bene che tutti se ne rendano conto. Io sono deciso a tenere ferma una linea di indipendente e imparziale svolgimento del ruolo, e di rigoroso esercizio delle prerogative, che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, nei limiti segnati dalla stessa Carta e in spirito di leale cooperazione istituzionale. Un effettivo senso di responsabilità dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e istituzionali di non rivolgersi al Capo dello Stato con aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri.
Cordialmente

Carmelo Sorbera

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