Napolitano a Donadi:”lei confonde”

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha così risposto alla “lettera aperta” ricevuta dall’on. Massimo Donadi, Presidente del Gruppo Italia dei Valori della Camera dei deputati:
” Ho letto la sua lettera e prendo atto del ‘totale dissenso’ da lei liberamente espresso. Desidero solo farle presente – avendo lei voluto contestare anche il mio riferimento a una sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo (che lei confonde con la Corte di Giustizia europea, che è cosa diversa) – che ho l’abitudine di documentarmi e di fare affermazioni precise. Lei non ha evidentemente letto la sentenza a cui mi riferisco, che sul punto da me indicato così recita: ‘Non è possibile ritenere che il ricorrente abbia beneficiato di un’occasione adeguata e sufficiente per contestare le dichiarazioni che hanno costituito la base legale della sua condanna’ “.
Il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi ha risposto : “Ringrazio sentitamente il presidente della Repubblica per l’attenzione e la sensibilità che ha avuto nel rispondere alla mia lettera aperta. Prendo atto delle sue precisazioni in punto di diritto che, però, lasciano immutato il significato politico del mio dissenso”.
La lettera di Donadi al Presidente della Repubblica:
«Caro Presidente,
rispettosamente, ma totalmente, dissento dal contenuto della lettera da Lei inviata ai familiari dell’on. Craxi.
Innanzitutto, perché constato che le sue parole non stanno servendo affatto ad una serena e più condivisa considerazione della figura di Craxi e di quel periodo della storia repubblicana ma, semplicemente, stanno dando un’insperata forza a quelle mille interessate voci che tentano oggi, unilateralmente e strumentalmente, di riscrivere la storia “a senso unico”.
Come si può immaginare, Signor Presidente, di giungere ad una memoria condivisa fino a quando a definire i contorni di questa memoria sono, Lei compreso, i protagonisti politici di quel tempo, protagonisti ancora oggi, e in tanti, della vita politica?
La serenità di una visione condivisa non potrà nascere altrimenti che dall’analisi distaccata di chi quegli anni non li ha vissuti in prima persona. Lasciamo, quindi, alla storia questo compito. Per questo, la mia sensazione, leggendo la Sua lettera è che, forse non intenzionalmente, in Lei per un giorno sia prevalsa la memoria di chi di quei giorni è stato autorevole testimone, piuttosto che il giusto distacco necessario per raggiungere il pur nobile obiettivo che Lei si è proposto.
Non si spiega, altrimenti, come del Craxi politico e uomo di governo Lei possa ricordare soltanto le innegabili positive intuizioni, dimenticando totalmente ed incomprensibilmente, di ricordarne anche il ruolo di assoluta primaria grandezza nel consentire e realizzare quel “sacco” della ricchezza pubblica che, in quindici anni, portò il debito pubblico dal 60 al 120%, togliendo a due generazioni future di italiani la speranza di un futuro migliore.
Un vero e proprio assalto alla diligenza, con il quale una classe politica già screditata e compromessa cercò di mantenere il consenso spendendo soldi che non c’erano. In quegli anni scellerati si mandarono in pensione quarantenni, si aumentò di un milione il numero dei dipendenti nelle pubbliche amministrazioni, si diede vita ad un sistema assistenziale di matrice clientelare e di illegalità diffusa che misero il paese in ginocchio. Caro Presidente, Le chiedo, come si può tacere tutto questo?
Non ho condiviso, Signor Presidente, nemmeno la parte nella quale Lei, oggettivamente, ribadisce il fatto che non si possono cancellare le responsabilità penali ma, ciò nondimeno lascia intendere, con le Sue parole, che anche quelle furono frutto di un clima che portò a far pagare a Craxi un prezzo più alto che a chiunque altro e La spinge ad evocare possibili ingiustizie, nei limiti in cui gli fu negato “un processo equo”, come stabilirebbe una sentenza della Corte di Giustizia Europea.
No, Signor Presidente, la mia memoria dei fatti, e quella di milioni di italiani che ieri non si sono ritrovati nelle sue parole, è diversa.
Craxi pagò oggettivamente più degli altri grandi leader di partito, ma solo perché soltanto Craxi risultò inequivocabilmente aver fatto ampio uso personale dei proventi di reati, compiendo quindi atti di corruzione e non semplice finanziamento illecito.
Quanto all’allora sentenza della Corte di Giustizia Europea questa si limitò a giudicare negativamente non il processo a Craxi ma una norma del diritto italiano. Norma che si applicò a tutti gli italiani imputati in processi penali, fino alla sua riforma.
Anche da questo punto di vista mi pare quindi che si rischi, ancora una volta, di avallare l’idea che la giustizia che vale per i cittadini comuni non debba essere la stessa che vale per i potenti.
Credo, Signor Presidente, che sia una china davvero pericolosa.
Conclusivamente, Signor Presidente, Le voglio dire che da Lei mi sarebbe piaciuto sentire un discorso diverso, che potesse contribuire a riedificare moralmente questa martoriata Repubblica. Un discorso che dicesse con chiarezza, una volta per tutte, che il politico, tanto più se uomo di governo, presta un giuramento solenne verso il popolo che rappresenta. Un giuramento di onestà, di trasparenza e di lealtà. E che quando vìola, così gravemente e durevolmente, questo giuramento, come fece Craxi, tradisce il suo Paese ed il suo popolo e niente, nemmeno il tempo, lo può riscattare.
Purtroppo, per la riedificazione morale del nostro paese, dovremo aspettare ancora a lungo.
Con rispetto,
Massimo Donadi ».

http://www.quinews.it/2010/01/17/craxi-lettera-di-napolitano/

Vittoria Pirro

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