Immigrazione = integrazione. Non può essere altrimenti

Sono oltre 600 gli immigrati respinti in soli 5 giorni senza passare per i centri di accoglienza. La questione immigrazione è affrontata da questo Governo in modo veramente disastroso. Le tante promesse di regolamentare l’immigrazione restano ancora solo una decantata promessa elettorale.

Dalla sicurezza all’immigrazione clandestina non credo si sia fatto molto. Fino ad ora abbiamo assistito solo ad atti di puro razzismo: dalla distruzione di vetrine di alcuni negozi romani ad attacchi mortali alle panchine delle stazioni ferroviarie alle botte e insulti agli stranieri. Ce ne siamo dimenticati? Vogliamo parlare della mancata accoglienza delle tante, troppe imbarcazioni nei nostri mari? Quello che cresce oramai è solo il nuovo razzismo che non è solo: ‘io non voglio gli immigrati’, gridato dal cittadino stanco di furti, o delle pacche sulle spalle al mercato dell’immigrato di turno che vende teste d’aglio a pochi centesimi, ma è la nuova cultura del diverso iniziata in campagna elettorale e pervicacemente portata avanti come bandiera di questo Governo.

Oggi ce lo vogliono spiegare perché non dobbiamo accogliere troppi stranieri? Non siamo in grado di tenere nel nostro Paese gente di fuori, gente che non è della nostra cultura, gente che vuole essere in Italia solo perché da noi si può fare ciò che si vuole? Insomma, un’Italia con un’accoglienza a numero chiuso.

L’Italia multietnica e multiculturale è “un valore” ed esiste già “di fatto”, dice il segretario generale della Cei monsignor Mariano Crociata osservando che “il problema è invece il modo in cui le culture e le presenze si rapportano” perché “non si cresce insieme in una accozzaglia disordinata e sregolata”. Secondo il segretario della Cei, il concetto di multiculturalità e multietnico è un valore assunto, consolidato, quindi è altamente superato, si dovrebbe parlare di regole per l’integrazione, forse?

Come formiamo culturalmente i nostri ragazzi nei confronti del diverso, che è tutto ciò che non ci appartiene ma che può rientrare anche nel concetto del ‘non conoscere’. Non si accetta ciò che non si conosce, che non riteniamo di nostra portata , insomma quello che non vediamo tutti i giorni o che comunque non risulta essere un nostro problema quotidiano.

I nostri figli non conoscono questi problemi all’interno della loro famiglia e forse non lo conosceranno nemmeno nelle scuole, perché si cerca di avere le “classi dei diversi” cosicché il problema è risolto.

Per risolvere il problema di qualcun altro dobbiamo considerare quel problema un nostro problema. Se non impariamo a trasformare ‘l’immigrazione’ in ‘integrazione’ non riusciremo mai a trovare gli strumenti ed i mezzi per far si che ogni uomo sia uomo e ogni diverso sia un uomo con un diversa lingua, cultura , usi e costumi. Semplicemente, un uomo da integrare nella nostra società che è da tempo multietnica e multiculturale. Esserlo è un vanto, un motivo di orgoglio per un Paese da far crescere nella sicurezza e nel rispetto della legalità, come concetto oggettivo di tutti i cittadini e non questione soggettiva mirata al problema ‘individuo’ diverso. Non cerchiamo di trasformare la sicurezza in un problema da risolvere con il respingimento, altrimenti Alemanno, che proprio oggi dice “dolore e ripugnanza per la disumanità del fascismo”, all’atto pratico non compie niente di nuovo dai quei momenti bui e razziali che hanno profondamente invaso le coscienze e le memorie del nostro popolo italiano.

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