Sì definitivo al trattato Italia – Libia, lotta ai “migranti” umanitaria?

E’ stato approvato definitivamente al Senato il ddl 1333 contenente la “Ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica Italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista”, stilato a Bengasi il 30 agosto 2008.
Un trattato, volto al rafforzamento della pace che dovrebbe chiudere un contenzioso tra le Parti e impegnare entrambi in un rafforzamento della sicurezza e della stabilità nell’area del Mediterraneo.
L’Italia contribuirà alla realizzazione di progetti infrastrutturali con un costo complessivo di 5 miliardi di dollari in vent’anni, oltre all’impegno reciproco a non ricorrere alla minaccia o all’impiego di forza, a non interferire negli affari interni, a rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali, il partenariato bilaterale potrà rafforzare le relazioni politiche, la cooperazione scientifica, culturale, economica, industriale ed energetica, e la lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico degli stupefacenti, all’immigrazione clandestina.
Ed è nella lotta all’immigrazione clandestina che diventa interessante la lettura del ddl 1333 all’articolo 19, il comma 2:
«Sempre in tema di lotta all’immigrazione clandestina, le due Parti (Italia e Libia) promuovono la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terresti libiche, da affidare a società italiane in possesso delle necessarie competenze tecnologiche. Il Governo italiano sosterrà il 50% dei costi, mentre per il restante 50% le due Parti chiederanno all’Unione Europea di farsene carico, tenuto conto delle intese a suo tempo intervenute tra la Grande Giamahiria e la Commissione Europea».
Adesso sulla legittimità che lo Stato italiano paghi delle società italiane con le competenze tecnologiche per controllare le frontiere terresti libiche sorge più di un dubbio, dubbi che non sembra avere nessun eco nelle componenti della politica italiana.
Il dubbio di quali siano i requisiti delle società, le modalità di “appalto”, ed i protocolli d’intervento forse rimarrà una realtà controllabile solamente nei deserti che delimitano la Libia.
Se quanto programmato verrà attuato ci si può chiedere cosa accadrà alla carovana di “migranti” che arrivi dal Darfur o da altre zone sub sahariane in fuga da guerre e fame quando viene intercettata nel pieno deserto?
Che l’accordo venga realizzato con l’installazione di una rete di controllo satellitare per monitorare le frontiere di sabbia realizzato probabilmente da Finmeccanica è solamente un aspetto, nella realtà l’Italia diventa Partner di uno Stato la cui sommarietà delle procedure di espulsione, l’inosservanza delle convenzioni internazionali, alcune delle quali non sottoscritte, la chiusura agli osservatori stranieri delle organizzazioni umanitarie e le condizioni di vita nei campi di detenzione suscitano preoccupazioni di ordine umanitario.

Vittoria Pirro

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