Bondi: “Io e la Gelmini veri liberali”

“Nonostante tutte le critiche, nonostante un’opposizione che è distante anni luce da una moderna cultura riformista,

nonostante i pregiudizi e spesso l’irresponsabilità di molti sedicenti uomini di cultura Mariastella Gemini ed io, possiamo rivendicare il merito di avere promosso, per la prima volta in termini coerenti e sistematici dal dopoguerra a oggi, una serie di riforme liberali nel campo della scuola e della cultura, destinate a incidere positivamente e durevolmente in una società come la nostra”.

Lo ha scritto, in una lettera al direttore del ‘Riformista’, il ministro per i Beni e le attività culturali Sandro Bondi replicando alle critiche rivolte a lui ed al ministro Gelmini da Caldarola, in un articolo sullo stesso quotidiano.

“La crisi economica e i vincoli del debito pubblico – continua Bondi – non hanno soffocato, ma semmai esaltato una linea che prima ancora di chiedere maggiori risorse si è fatta carico di affrontare con coraggio la necessità di riforme ineludibili. La riforma della scuola e dell’università, avviata dal ministro Gelmini, rappresenta una delle riforme più importanti e significative dell’attuale governo. Una riforma che va nella direzione della modernizzazione del Paese e nello stesso tempo del superamento delle disuguaglianze sociali che caratterizzano la nostra società. Sono convinto che se in Italia esistesse una sinistra riformista se fosse comparso in Italia un Blair italiano, egli avrebbe proposto per primo la riforma della scuola e dell`università che porta il nome della Gelmini e del governo Berlusconi. Da noi invece Bersani sale sui tetti per solidarizzare con chi protesta mentre un giornalista come Caldarola si mette ad ascoltare con trepidazione i segni del ‘miracolo di una generazione’, il consenso che sembra circondare la rivolta giovanile. (…) Ma non gli viene il dubbio che forse siamo, al contrario, i simboli di una classe politica che, nel pieno di una crisi economica drammatica, ha cercato di affrontare i nodi di una crisi che prima di tutto ricade sulle nuove generazioni e in particolare sui giovani provenienti dalle classe sociali più deboli, lasciata in eredità proprio dai partiti della Prima Repubblica, non solo attraverso la richiesta di più risorse, ma di riforme coraggiose e necessarie?”.

Quinews

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