Chernobyl “24 anni dall’incidente”

Il 26 aprile 1986 alle ore 1:23:44 avvenne presso la centrale V.I. Lenin di Chernobyl, in Ucraina vicino al confine con la Bielorussia, allora repubbliche dell’Unione Sovietica il più grave incidente nucleare della storia, l’unico al livello 7 (il massimo) della scala INES dello IAEA.
Durante l’incidente furono violate tutte le regole di sicurezza e di buon senso portando ad un incontrollato aumento della potenza con conseguente aumento della temperatura del nocciolo del reattore numero 4 della centrale.

La scissione dell’acqua di refrigerazione in idrogeno ed ossigeno a così elevate pressioni provocò la rottura delle tubazioni di raffreddamento, e l’idrogeno e la grafite incandescente a contatto con l’aria innescò una fortissima esplosione.
La nube di materiali radioattivi che fuoriuscì dal reattore ricadde su vaste aree intorno alla centrale contaminandole pesantemente e rendendo necessaria l’evacuazione di circa 336 000 persone.
Le nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione minori, in seguito raggiunsero anche l’Italia, la Germania e la Francia.
Al rapporto ufficiale redatto dalle agenzie dell’ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA ) che presume un bilancio di 65 morti accertati con sicurezza e di altri 4 000 presunti per tumori e leucemie su un arco di 80 anni, viene contestato dal bilancio delle associazioni antinucleariste internazionali fra le quali Greenpeace che presenta una stima di fino a 6 000 000 di decessi su scala mondiale nel corso di 70 anni, contando tutti i tipi di tumori riconducibili al disastro. Altre associazioni ambientaliste, come il gruppo dei Verdi del Parlamento europeo, prendono le distanze dal rapporto Greenpeace, pur riconoscendone il merito di segnalare il problema, e concordando sulla stima delle 65 morti accertate del rapporto ufficiale ONU, ma contestano le morti presunte che stimano in 30 000 – 60 000.

Vittoria Pirro

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