“Lavoro” diritto e dignità per tutti

Una proposta all’immobilismo quotidiano: ridistribuzione del lavoro.

Le imprese costrette dalla crisi economica a ridurre la produttività adottino la settimana di 32 ore lavorative con una riduzione del 20% rispetto alle 40 ore settimanali  al fine di ridistribuire il lavoro con dei meccanismi che siano accettabili sia dai lavoratori che dai datori di lavoro.
Ipotizzando, chiaramente in una semplificazione della complessità del problema, che un’impresa con 100 operai, costretta ad una riduzione di produttività per contenere gli effetti dell’attuale crisi economica con la mobilità del 20% della propria forza lavoro, possa usufruire della possibilità di ridistribuire il lavoro dell’80% della rimanente forza lavoro con un diverso tetto settimanale.
Ovvero: “Anziché 80 lavoratori impegnati in 40 ore settimanali, 100 lavoratori impegnati in 32 ore settimanali; riassorbendo i fuoriusciti nella ridistribuzione del lavoro.
Ne consegue uno stipendio ridotto per tutti che può creare disagi e contestazioni”.
Possono essere adottati dei meccanismi per alleviare i disagi e ridistribuire le risorse: “Ipotizzando che un operaio percepisca uno stipendio di 1.500 euro netti con la ridistribuzione del lavoro, con le ore impegnate percepirebbe 1.200 euro netti, ma il risparmio della mancata Cassa integrazione del 20% dei lavoratori, deve permettere allo Stato di elargire un “bonus” per i lavoratori pari al 40% della quota non percepita, ed in questo caso si avrebbero 120 euro in busta, per un totale di 1.320 euro netti lavorando 32 ore”.

Il maggiore esborso del “bonus” può essere assorbito dallo Stato con la mancata Cassa integrazione, ed allo stesso tempo sarebbero meno i cassaintegrati ed i disoccupati.

Il minore introito per i lavoratori può essere giustificato dal maggiore guadagno rapportato alle ore lavorative, ed allo stesso tempo dalla possibilità di maggiore occupazione, ovviamente una tale procedura deve avere dei tempi definiti come avviene per qualsiasi sostegno all’occupazione.
Un vantaggio per l’impresa è nell’avere più elementi operativi, ed i costi per la riformulazione della distribuzione delle ore lavorative: turni, permessi ed altro potrebbe essere compensata nella possibilità di dilazionare o ritardare il pagamento di tutti gli oneri relativi al 20% dei lavoratori, di 6 mesi, in modo tale che l’impresa ha in cassa una maggiore liquidità, importante in momento di piena crisi economica, con un risparmio degli interessi maturati da un qualsiasi prestito chiesto dall’impresa pari alla cifra disponibile.
Lo Stato potrebbe richiedere un contributo alla rendita da capitale con una tassazione di 1 o 2 punti degli interessi.

Importante la maggiore disponibilità di tempo libero dei lavoratori con potenziale crescita del consumo culturale e conseguente diversificazione del consumo tradizionale.
Ma anche potenziale crescita di servizi in funzione della maggiore disponibilità di tempo libero.
Se la settimana tipo di un lavoratore si sviluppa in 5 giorni lavorativi di 8 ore, trasformarla in 4 giorni da 8 ore permetterebbe: risparmio sugli spostamenti lavorativi, maggiore disponibilità per attività culturali.
La minore disponibilità economica dei lavoratori potrebbe essere compensata con l’utilizzo di forme agevolate, ad esempio biglietti ridotti in giorni settimanali per cinema e teatri, musei o altro con conseguente maggiore fruizione di chi ha il tempo disponibile ed incremento delle presenze degli spettatori con salvaguardia dei posti di lavoro di queste imprese.
Utopia, demagogia, semplificazione se non banalizzazione, ed altro possono essere rintracciate in questa proposta che nella ridistribuzione del lavoro conseguente alla riduzione produttiva intravvede una riconversione sociale più che una rivoluzione.
Questa vuole essere una delle 10.000 proposte (?) che vengono discusse per tamponare i danni della crisi economica in atto. Meglio un’utopia all’immobilismo quotidiano.

Carmelo Sorbera

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