L’oro blu, business da capogiro

L’acqua, insieme all’aria, alla terra e al fuoco, nella tradizione filosofica ellenica, che è il primo momento dell’evoluzione del pensiero, rappresentavano gli elementi primi di ogni materia. Primi di tutto. Ma quanto tempo è passato da allora! Dopo aver privatizzato, saccheggiato, deturpato, e in molti casi distrutto, la terra; dopo che il fuoco è diventato una potente arma di ricatto in mano alla malavita organizzata, soprattutto nel Sud Italia, per speculare sui terreni incolti e non; ora, è il turno dell’acqua, trattata per legge dello Stato alla stregua di una merce qualsiasi. A questo punto, non manca che l’aria.

La liberalizzazione dei servizi pubblici locali, il cui provvedimento è passato definitivamente alla Camera, come era prevedibile, ha già acceso gli appetiti dei privati, pronti a buttarsi a capofitto sull’oro blu, la cui gestione rischia di diventare un vero e proprio business. La Borsa ieri, già prima del voto di fiducia, scalpitava. C’è, insomma, un forte odore di ‘relazioni’ molto pericolose nell’aria.

“In Italia – scrive oggi la Stampa – ci sono già 253 imprese idriche che ogni anno fatturano 2,5 miliardi di euro. Con la privatizzazione, adesso, questo giro d’affari potrebbe triplicarsi. Nel prossimo trentennio sono previsti 60 miliardi di investimenti per tappare i buchi di oltre 330 Km di reti colabrodo”.

Come giustamente sostengono le associazioni ambientaliste e quelle dei consumatori, il Forum italiano dei movimenti per l’acqua ed i partiti politici schierati contro questa decisione, il Decreto attua una privatizzazione totale, con conseguenze negative in termini di speculazioni, di aumento delle tariffe e di possibili infiltrazioni malavitose. Speriamo bene…

Italo Arcuri

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