Sardegna: “Gigi, Bruno e Daniele questa mattina sono andati al lavoro”

Tre morti sul lavoro alla Saras, la raffineria di Sarroch, intossicati dalle esalazioni letali di una cisterna che stavano ripulendo una tragedia che si è consumata poco prima delle ore 14 e che con il chiarirsi degli avvenimenti assume aspetti ancora più gravi: due dei tre operai sarebbero morti nel tentativo di aiutare un loro compagno che per primo si era sentito male, ed altri due operai sono ricoverati in ospedale, tenuti in osservazione, non in pericolo di vita. La tragedia è avvenuta all’interno del “polmone”, così chiamato dagli operai, una cisterna che normalmente contiene degli idrocarburi, in questi giorni per la programmata manutenzione ordinaria, era tutto fermo, manutenzione di cui si occupava, in appalto, anche la Comesa, una ditta esterna che lavora per la Saras, di cui facevano parte tutti e tre gli operai morti.
Gli avvenimenti si sono sviluppati in seguito al malore del primo operaio Gigi Solinas, 27 anni, originario, come gli altri due operai, di Villa San Pietro, un paesino di 1.900 abitanti, a pochi chilometri dalla Saras, gli stabilimenti di proprietà della famiglia Moratti, che da 40 anni danno lavoro a centinaia di famiglie del posto.
Solinas si era calato all’interno della cisterna ed in pochi secondi si era sentito male, la seria difficoltà viene percepita da un altro operaio che all’esterno allerta subito i soccorsi, ed immediatamente arrivano altri due operai che non si occupavano della manutenzione, ma che lavoravano lì vicino, il primo Bruno Muntoni di 56 anni, padre di 4 figli, operaio esperto, nel ramo da parecchi anni, generosamente si è subito calato all’interno della cisterna, sentendosi anch’egli immediatamente male, il terzo Daniele Melis, 29 anni, dalle testimonianze è entrato all’interno della cisterna con una maschera antigas, che non gli ha salvato la vita, ed anche di questo si dovrà occupare l’inchiesta della magistratura. Una prima ipotesi, in attesa dei risultati delle autopsie, sulla causa della morte è l’asfissia. Alcune testimonianze degli operai dicono che solo ieri erano stati fatti dei lavori con l’azoto che serve ad eliminare gli idrocarburi nocivi, ma l’azoto consuma ossigeno e questo potrebbe essere la causa delle morti.
La morte di tre persone con un impianto fermo in uno stato di manutenzione che prevede determinate regole ed interventi codificati per la sicurezza durante la bonifica degli impianti ha una responsabilità precisa. Grande costernazione e rabbia tra i colleghi delle vittime, morire per 1.000 €uro al mese, oggi, in uno stabilimento dove la sicurezza deve essere costante e dove tutte le procedure dovrebbero essere rispettate, è inaccettabile, niente può giustificare tutto ciò.

Anna Palmisano

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