Il Giornale

Lezioni dall’Argentina, dove sono sparite trentamila persone e nessuno ha fatto un fiato per anni, proprio no.
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Questo è l’inizio di un articolo in cui si continua a offendere un Popolo della propria tragedia in un modo incivile.

Il caso Argentina La vera storia della «gaffe» (che non c’è stata)
di Maria Giovanna Maglie
Lezioni dall’Argentina, dove sono sparite trentamila persone e nessuno ha fatto un fiato per anni, proprio no. Non dall’Inghilterra che può vantare il sindacato più razzista del mondo, non dal Brasile che si tiene Battisti come se da noi ci fosse la tortura e non una prigione finalmente per un assassino. Si può continuare, elencando situazioni artificiose e polemiche speculazioni, innescate da articoli fasulli di qualche giornale italiano in crisi terminale di identità, vedi l’Unità, magari ripescate con gran clamore da corrispondenti esteri che non sanno come trovare notizie o che si sono abituati a prenderle dagli amici, anzi dai compagnucci della parrocchietta, infine consacrate dalla protesta d’ordinanza del ministro offeso che convoca l’ambasciatore del Paese offensore. L’incidente diplomatico tra Roma a Buenos Aires sarebbe stato provocato da una battuta di Silvio Berlusconi sui voli della morte, pratica sommaria e diffusa per far sparire i sequestrati durante la dittatura argentina. La stampa argentina è insorta, il video è su You Tube, e tutto il web ne parla, a sproposito, perché evidentemente nessuno lo ha visto e ascoltato, oppure perché la malafede impazza. Ora, il senso dell’umorismo del presidente del Consiglio non è necessariamente apprezzabile, le sue formule espressive possono essere una scelta condivisibile o no di stile, ma è certo che il suo consenso in Italia è alto e ascendente, e soprattutto che stavolta i suoi avversari gli hanno attribuito intenzioni, tono, logica del tutto manipolati, solo per costruire l’ennesima storiella del presidente gaffeur e insensibile, che tanto piace ai giornali della sinistra al caviale nel mondo.
Il fattaccio. Sabato scorso il cronista dell’Unità racconta il comizio di chiusura di Berlusconi in Sardegna, riferendo questa frase: «Berlusconi scherza sui desaparecidos. Dice che “erano belle giornate, li facevano scendere dall’aereo per giocare a pallone”». Cronaca scialba e imbarazzata, si capisce che il giornale di Soru, candidato a governatore alla vigilia della disfatta, è in imbarazzo.
«Berlusconi macabro sui desaparecidos» titola due giorni dopo però anche il Clarin, quotidiano di Buenos Aires, tutti gli altri giornali argentini riprendono sdegnati, Perfil pubblica un’intervista allo scrittore italiano Massimo Carlotto: «Berlusconi ha offeso il popolo argentino», puntuale arriva la protesta delle «Nonne di Plaza de Mayo». Il governo argentino convoca l’ambasciatore italiano, con la perentoria richiesta di scuse. In Italia l’Unità ci specula montando anche ieri due pagine, al grido di «Berlusconi scherza sui voli della morte». Qualcuno ha ascoltato per intero la frase incriminata? Eccola: «Di me hanno detto di tutto, mi hanno paragonato a quel dittatore argentino che faceva fuori i suoi oppositori portandoli in aereo con un pallone, poi apriva lo sportello e diceva: c’è una bella giornata, andate fuori a giocare. Lo so che fa ridere, ma è drammatico». Tutto qui.
Di questa frase, alfine svegliatosi, Piero Fassino, ministro degli Esteri ombra del Pd, lo chiamano proprio così, sostiene che è «una gaffe indecente, che suona gravissima offesa alle migliaia di ragazze e ragazzi rapiti, torturati e uccisi negli anni di una delle più sanguinose dittature dell’America Latina»: che «raccontare barzellette e fare il guascone è ormai lo sport preferito dall’onorevole Berlusconi che, anche in questo caso, rivela una totale mancanza di sensibilità per la storia e per il valore della democrazia in nome della quale, in Argentina come in tutto il mondo, tantissimi sono giunti a sacrificare la propria vita». Forse a Fassino è il caso di spiegare una volta per tutte che sono gli italiani a decidere da chi farsi governare. Può sperare che Berlusconi sparisca, come ha fatto il loro mito, Benigni, dal palco di Sanremo. Forse al governo e al popolo argentino è il caso di spiegare ancora una volta che ce ne vuole per costruire una democrazia compiuta, tanto tempo e tutta la verità, non solo retorica, su una tragedia che fu possibile perché ampiamente condivisa dal popolo. A proposito, che avremmo dovuto fare noi dopo i bond?

Quinews

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