E’ tempo di nazionalizzare Banca d’Italia

UniCredit in questi giorni ha visto l’aumento di quota della banca centrale libica, che, come rivela “il Sole 24 ore” è intenzionata a chiedere un vice-presidente nel consiglio della banca a cui sarebbe candidato il governatore della banca centrale libica Farhat Omar Bengdara.
Questa vicenda, importante per un grande gruppo italiano, sembrerebbe relegata alla crisi economica ed ai tentativi di porre argini, con un interessamento relativo dei cittadini italiani se Unicredit non fosse azionista di Banca d’Italia.
L’imbarazzo che ne potrà derivare in futuro nel ritrovarsi tra i partecipanti con diritto di voto, nelle assemblee dei partecipanti al capitale di Banca d’Italia, come azionisti, Stati esteri è concreto.
Ipotizzare che il Presidente del Consiglio nella nomina del Governatore della Banca d’Italia senta il parere del Consiglio Superiore della Banca d’Italia ( art. 17 dello statuto) in cui possano sedere rappresentanti di interessi di uno Stato estero è sempre più concreto.
Non dimenticando che Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno il 67% del capitale come ricorda oggi il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, e visti i tumulti azionari di queste settimane, lo shopping azionario dei cosiddetti “fondi sovrani”, cosa è più appetibile di banche italiane, in un mercato in difficoltà, che possiedono quote di Banca d’Italia?
Perché una tale eventualità non viene prevista dal Governo né dal governo ombra?
Siamo assolutamente favorevoli agli investimenti stranieri in Italia, e difensori convinti dell’autonomia della Banca d’Italia.
Proponiamo la nazionalizzazione di Banca d’Italia, compri lo Stato italiano le quote del capitale, questo è il momento.
Evitiamo imbarazzi internazionali sia con gli investitori che a causa di manovre tardive per rimediare a questa incresciosa situazione potrebbero ricredersi sull’affidabilità del Sistema Italia.
Evitiamo imbarazzi internazionali con gli altri Stati europei nella gestione della Banca Centrale europea e dell’€uro in quanto Banca d’Italia è parte integrante del Sistema europeo (SEBC) e ne detiene il 12,52% del capitale.
Giustificare a Francia, Germania o Spagna come sia stato possibile avere rappresentanti di Stati esteri all’interno del Sistema delle Banche Centrali richiede molta fantasia.
Negli altri Paesi il capitale della Banca Centrale è dello Stato.
In Francia, la legge 4 agosto 1993, n. 980, precisa all’articolo 6 che la Banca di Francia è un’istituzione il cui capitale appartiene allo Stato.
In Gran Bretagna, il Bank of England Act del 1946, che non stato mai modificato, stabilisce che l’intero ammontare in azioni del capitale della Banca d’Inghilterra viene trasferito, libero da ogni peso, ad un soggetto nominato dal Tesoro inglese, per essere detenuto dalla stessa persona per conto del Tesoro.
In Germania, lo statuto della Deutsche Bundesbank del 26 luglio 1957 stabilisce che la Bundesbank, una persona giuridica federale di diritto pubblico, il suo capitale appartiene allo Stato federale.
Anche negli Stati Uniti, la Federal Reserve, pur avendo uno statuto atipico ed essendo di proprietà delle banche federali, può essere considerata, sulla base del combinato disposto delle leggi che regolano la materia, una vera e propria banca pubblica.
In queste settimane dagli Stati Uniti all’Islanda, dall’Inghilterra all’Olanda, gli Stati sono intervenuti in vari modi, ma, di fatto, hanno nazionalizzato delle banche d’affari private, è bene approfittare della moda odierna è nazionalizzare Banca d’Italia, il Ministero dell’Economia e delle Finanze acquisisca il possesso dell’intero capitale della Banca d’Italia, prevedendo l’incedibilità delle quote di partecipazione.

Carmelo Sorbera

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