In ricordo di Stefano Rosso

La notizia della morte di Stefano Rosso, il cantautore scomparso a Roma a 59 anni, è passata in sordina. La cosa dispiace alquanto. Sui giornali cartacei solo pochi e frettolosi articoli di ricordi. Online qualcosa in più. Nel complesso, però, la morte di Rosso non è stata trattata come la notizia meritava: il cantautore romano, infatti, è legato a doppia mandata con il ’77 ed è ancora oggi un’icona per molti ex ragazzi del movimento giovanile di quegli anni.

Solo alcuni l’hanno menzionato e tra questi, al momento, solo Giordano Sangiorgi, organizzatore del Mei – il Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza – se n’è ricordato, annunciando che “il Mei dedicherà un premio a un giovane talento musicale alla memoria di Stefano Rosso. Un minimo gesto per ricordare un cantautore, spesso in disparte, che non appariva, e che ancora oggi è nel cuore di un’intera generazione”.

Nel corso della sua tre giorni, in programma dal 28 al 30 novembre prossimi, quindi, il Mei ricorderà l’autore della celebre “Una storia disonesta”, un cantautore che, con le sue canzoni, “ha rappresentato in modo originale un’epoca di grande creatività giovanile”.

“Con la sua scomparsa – ricorda Sangiorgi – c’è così un altro pezzo di storia culturale e musicale del nostro paese che sparisce, rappresentando simbolicamente la conclusione del ‘sogno impossibile’ dei giovani del ’77 che volevano ‘cambiare il mondo’. Quei giovani che Stefano Rosso, con le sue canzoni tra le più cantate nei fuochi che aggregavano i ragazzi intorno a una chitarra, ha saputo rappresentare nel mondo più originale, tra impegno e leggerezza”.

Stefano Rosso, con la sua morbida erre moscia, chitarra a tracolla – a proposito era un fine chitarrista acustico – ha cantato non solo l’Italia di certi anni, i cui riverberi sociali, economici e politici sono più che mai attuali, ma anche la voglia di denuncia, questa sì tutta sociale, che, ieri come oggi e oggi come ieri, imperversa e tiene banco soprattutto tra le nuove generazioni, quelle sempre attrezzate e pronte a voler cambiare il mondo.

Rosso, che ha composto anche per Mia Martini e Claudio Baglioni, ha fuso tre generi – il romanesco, il country e il folk – e li ha plasmati, fino a modellarli in uno solo, offrendoli ai produttori e al pubblico con un’originalità, un estro e un’ironia davvero difficile da rintracciare nel panorama musicale odierno.

‘Una storia disonesta’, ‘Bologna ‘77′, ‘Letto 26′, ‘Valentina’ e ‘L’italiano’, solo per fare qualche esempio, sono parte integrante del bagaglio musicale di quegli anni e fanno parte, a pieno titolo, della storia della canzone italiana, quella con la ‘C’ grande, fatta di passione, talento e ricerca.

Stefano Rosso è morto ma siamo convinti che le sue ballate continueranno ad abitare i falò, i momenti conviviali e le riunioni di tanti con la stessa identica abitudine con cui oggi si è soliti canticchiare il ritornello di ‘Una storia disonesta’: “Che bello, due amici una chitarra e uno spinello e una ragazza giusta che ci sta e tutto il resto che importanza ha?”…

Italo Arcuri

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