Una storia da ricordare

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Il 9 febbraio 1999 le autorità libiche hanno arrestato alcuni operatori sanitari bulgari che lavoravano presso l’ospedale “Al-Fatih” di Bengasi . Il 7 febbraio 2000, presso il Tribunale del popolo libico, ha avuto inizio un processo contro sei cittadini bulgari, un cittadino palestinese e nove cittadini libici, accusati di aver volontariamente infettato con il virus HIV centinaia di bambini, il 6 maggio 2004 il Tribunale ha condannato a morte per fucilazione cinque infermiere bulgare e un medico palestinese. Il 25 dicembre 2005 la Corte suprema libica ha reso nota la sua decisione sull’appello contro la condanna a morte e ha ordinato un nuovo processo; e, a partire dall’11 maggio 2006, si è tenuto un nuovo processo, che ha confermato le condanne a morte il 19 dicembre 2006. Esistono valide prove dell’uso della tortura nei confronti degli imputati in carcere, al fine di estorcere false confessioni, e sono state commesse anche altre flagranti violazioni dei diritti degli imputati.Nel 2003, a seguito di una richiesta delle autorità libiche, rinomati esperti internazionali in materia di HIV/AIDS hanno presentato una relazione, in cui hanno concluso in maniera categorica che la diffusione del virus dell’HIV era stata causata da un’infezione ospedaliera precedente all’arrivo degli imputati in Libia; e recenti pubblicazioni forniscono solide prove scientifiche sull’origine e i tempi del contagio all’ospedale di Bengasi; ma tutte le prove dell’innocenza degli imputati sono state ignorate e non sono state prese in considerazione.

Nel novembre 2004 l’Unione europea ha varato il “Piano d’azione per la lotta all’HIV a Bengasi”, che prevede la prestazione di assistenza tecnica e sanitaria ai bambini infetti e alle famiglie colpite, e il sostegno alle autorità libiche nella lotta contro l’AIDS; e sono stati stanziati 2 500 000 EUR a titolo del bilancio comunitario per finanziare tale piano, l’attuazione del piano è già in una fase avanzata, con il sostegno della Commissione e degli Stati membri dell’Unione europea, un elevato numero di bambini infetti sono stati curati negli ospedali e nel 2006 è stato istituito il “Fondo internazionale per Bengasi”, un organismo non governativo senza scopo di lucro creato per contribuire allo sviluppo delle infrastrutture sanitarie locali a Bengasi, e per migliorare il trattamento dei pazienti e fornire assistenza alle famiglie colpite.

Per una volta la diplomazia ha funzionato.

Kristiana Vulcheva, Nasya Nenova, Valentina Siropulo, Valya Chervenyashka e Snezhana Dimitrova – e un medico palestinese, Ashraf al-Haiui, hanno trascorso otto anni in carcere in relazione al caso di contagio HIV/AIDS all’ospedale di Bengasi nel 1999;

Il 24 Luglio 2007 sono stati rilasciati liberi. Dopo tanta sofferenza uno spiraglio di vita.

Anna Palmisano

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